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L'elfo nero è RAZZISMO nei confronti dei neri



Quando ieri ho pubblicato su Facebook la Pillola sul cast de Gli Anelli del Potere (link qui per chi non l'ha vista) l'ho fatto sapendo perfettamente che si sarebbe creato un dibattito sulla questione e che oltre a opinioni pacate e ben argomentate sarebbe arrivata pure una certa dose di isteria. Niente di strano, il tema è facilmente inscrivibile nella categoria "lascia perdere" come del resto tutti quelli che anche soltanto sfiorano questioni relative alle minoranze, siano esse etniche o di altro tipo.

In sintesi: per la nuova serie ambientata nel mondo di Tolkien è stato scelto un attore di colore ad intepretare un elfo silvano. Io reputo questa scelta a dir poco patetica, perché emblematica di una corsa alla compensazione che non ha nulla a che vedere con l'inclusività.


Per comodità d'esposizione e per venire incontro alle esigenze di chi non è in grado di leggere per dieci minuti di fila senza farsi venire una sincope (manco alle elementari), riporterò punto per punto quelle che sono state le obiezioni più ricorrenti alla mia posizione, così come alla posizione di altri creatori di contenuti allineati alla mia visione. Come già accennato, tra queste obiezioni ci sono spunti interessanti di discussione ma anche ben altro. Evidentemente qualcuno non ha ancora imparato che se prova a entrare a casa mia in scivolata (perché la pagina Fb di Jenus avrà pure il cortile aperto, ma rimane casa mia) non fa una bella fine.

Chi pensa di usare il mio spazio per affibbiarmi etichette che NON mi appartengono o suppone di potermi paragonare a colleghi che non c'entrano nulla, usati come carta di Magic ogni volta che si vuole accusare qualcuno di razzismo, può andare serenamente a fare in culo. Ieri ne ho bannati QUINDICI, di questi soggetti. In appena sette ore.


Andiamo al succo della questione, obiezione dopo obiezione per ordine sparso, :


1) Che fastidio ti dà che l'attore sia nero? Ommioddio questo è razzismo!

Mai parlato di "fastidio" né nulla di riconducibile a questa emozione. In questo paese dovremmo dare una bella revisionata alla scuola dell'obbligo una volta per tutte, perché è impensabile che una percentuale così alta di chi bazzica sui social non sia in grado di comprendere un discorso - o già semplicemente una frase - per ciò che è, senza estrapolarne una riassunto inventato di sana pianta. MAI... PARLATO... DI... FASTIDIO.

Io non spreco un grammo delle mie emozioni - che già per il mio privato son costretto a centellinare - per infastidirmi o ancor peggio incazzarmi per robe futili (anche se, come vedremo, il concetto di "futile" è estremamente soggettivo). Il problema non è nei confronti dell'etnia in quanto tale, che volete che me ne importi? Come si può ampiamente evincere dalla storia della mia produzione fumettistica, a me di che colore sia l'attore e di che colore siate voi che leggete non me ne frega niente, nulla, zero. Così come non mi frega di come usiate i vostri genitali, finché vi accoppiate con gente consenziente.

L'unico vero fulcro della questione, per quanto mi riguarda, è il contesto. Sempre questo stra-maledetto contesto che fa la differenza tra un'operazione sensata e una pagliacciata.

La fa in ambito cinematografico così come la fa nella comicità in generale (come ho ampiamente spiegato nell'ultimo podcast che trovate qui sul sito, in cui analizzo la questione della Satira e dei suoi limiti, in relazione al caso Checco Zalone - Pio & Amedeo).


La scelta dell'attore nero a interpretare un elfo non costituisce un problema "a sé", bensì è emblema di un andazzo che in maniera subdola, silenziosa, praticamente stealth, ha preso piede da pochi anni a questa parte e su cui non ci si può pronunciare senza che vengano gli infarti a chi è troppo ideologicamente schierato per accettare di sedersi e ragionare. Lo riscrivo: RAGIONARE, senza farsi prendere dai patemi.

L'andazzo a cui mi riferisco è quello per cui oggi una buona parte dell'opinione pubblica si è convinta che ci sia un problema di "collocamento" di attori appartenenti a etnie non-caucasiche, all'interno dell'industria cinematografica. E che quindi sia sacrosanto mettere in atto delle forzature vere e proprie, oltre i limiti dell'ossessione, al fine di compensare questo deficit. Ecco, sta qui la prima anomalia: tutti hanno accettato questa narrazione senza essersi presi la briga di verificare i dati e soprattutto capire come darne lettura. Perché molto semplicemente questa storia, oggi nel 2022, è una balla.

E il fatto che sia una balla è pure sotto i nostri occhi (al di là di dati e statistiche), ma ci hanno ripetuto il contrario così tante volte che moltissimi se ne sono convinti, e pure alcuni miei colleghi creator (che stimo) ci credono ciecamente.


2) Quindi stai dicendo che non esiste il razzismo nell'industria cinematografica?

Il razzismo è una delle aberrazioni dell'animo umano più difficili da estirpare, perché ha origini da istinti primordiali insiti nella nostra scellerata specie. E può essere presente OVUNQUE, in qualunque ambito. Ho sentito con le mie orecchie persone che lavorano nell'ambito dell'aiuto concreto a immigrati - tipo centri di accoglienza o distribuzione di derrate alimentari - pronunciare con convinzione frasi degne del Terzo Reich. Figuratevi se posso pensare che l'industria cinematografica sia scevra da qualunque forma di razzismo. Il punto è che, contrariamente a ciò che accade in (tristemente) molti altri casi, negli USA - patria di Hollywood, non si tratta di una discriminazione "sistemica". Attenzione perché la differenza è fondamentale, e se non la si capisce si perde totalmente il senso della misura del fenomeno.

A seguito di SACROSANTE (ed è imbarazzante doverlo specificare) lotte per la parità di diritti dalla fine degli anni '70 in poi il cinema su grande schermo così come quello delle serie tv non ha affatto disdegnato l'impiego di attori di colore. A meno che io non mi sia sognato serial che hanno segnato la mia infanzia, come "Il mio amico Arnold", "I Jefferson", "I Robinson", "Otto sotto un tetto", "Willy in Principe di Bel Air", per dirne alcuni. Interpreti come Denzel Washington, Morgan Freeman, Will Smith, Samuel L.Jackson, Laurence Fishbourne, Alle Berry, Michael Clarke Duncan, James Earl Jones, Zoe Saldana, Whoopi Goldberg, sono idolatrati e amati dal pubblico di ogni etnia tanto quanto gli attori di etnia caucasica, e lo dimostra il fatto che non c'è stata alcuna alzata di scudi per la loro presenza in titoli che tutti conosciamo e che hanno fatto la storia del cinema.

Ragazzi, ma di che stiamo parlando? Nei fatti, la narrazione riguardo questa fantomatica "carenza" è FALSA.

Per di più alcune produzioni che li hanno visti protagonisti toccano esattamente i temi dell'inclusività, del razzismo e della parità di diritti, cosa che non si sarebbe mai potuta fare se il cinema hollywoodiano fosse OGGI quell'ambiente tossico di cui si parla. Sarà pessimo per molti altri fattori, ma non lo è per questo. Il che non significa che pure al suo interno non ci siano delle merde che trattano le persone in maniera dispregiativa, come accade in TUTTI gli ambienti, dalla scuola all'ufficio alla messa in chiesa.


Conosco l'obiezione "Oscar", ma non è indicativa. Il fatto che il numero di attori neri che hanno vinto l'Oscar sia esiguo non conta nulla, perché si tratta di un premio che non ha nulla a che vedere con l'accoglimento da parte del pubblico, non ha nulla a che vedere con i casting e non ha nulla a che vedere con il successo che avrà realmente un determinato film. Le candidature all'Oscar non sono scelte "dalla gente", sono appannaggio di una élite con potere decisionale tanto quanto coloro che decidono a chi assegnare i premi Nobel o i premi della critica a Sanremo. Non rappresentano nulla se non sé stessi, con tutti gli annessi e connessi che non possiamo conoscere. Incluso e non escluso affatto, il razzismo. Una possibilità, non una certezza, che non ci dice che "Hollywood" sia razzista.

L'industria cinematografica, al netto di qualche sporadica presa di consapevolezza sul suo innegabile ruolo culturale e di diffusione di sani principi, è una macchina per fare soldi. Sceglie gli attori che sanno che attireranno il pubblico, all'interno della rosa di coloro ritenuti più adatti a determinati ruoli. Punto. Questo ci dimostra la Storia degli ultimi 40 anni, fatta di scelte multietniche di ogni tipo che nulla hanno a che vedere con il whitewashing o altre amenità che - purtroppo - erano assolutamente vere in epoca passata. Il BOTTEGHINO la fa da padrona nel Cinema, non il colore della pelle.


I dati della Motion Picture Association of American dicono che nella fascia di popolazione che frequenta i cinema statunitensi almeno una volta al mese (i cosiddetti "frequent moviegoers") solo il 12% è afro-americano. Il dato preso singolarmente potrebbe far pensare a un parallelismo diretto tra scelta degli attori e platea in grado di identificarsi nei personaggi, ma non è così manco per nulla. Il fattore "identificazione" è andato scemando dal momento in cui l'aura di divinità che avvolgeva solo attori caucasici fino agli anni '70 ha iniziato per diventare comune a qualunque etnia. Will Smith è considerato un figo dai neri così come dai bianchi, non gliene frega nulla a nessuno del suo colore tranne ai coglioni, che esistono ovunque e a volte hanno pure potere decisionale, ma non rappresentano "il cinema". Il dato della MPAA diventa fuorviante se non si considera che la popolazione afro-americana negli USA è, molto semplicemente, il 14% di quella totale. Estrapolare un singolo dato decontestualizzandolo è scorretto e non fa altro che gettare benzina sul fuoco là dove non serve, ché gli episodi di razzismo esistono e vanno condannati ma ciò non significa che occorra inventarsi un modello circoscritto che non esiste.


3) Ciò significa che negli USA non c'è razzismo sistemico?

Solo uno che vive fuori dal Mondo potrebbe pensare una roba del genere, alla luce dei dati che abbiamo (e non del semplice intuito). Il razzismo esiste eccome, negli Usa come nel resto del Pianeta, e in particolare la società statunitense è spesso teatro di scenari a dir poco inquietanti a scapito delle minoranze. Il movimento Black Lives Matter è scaturito esattamente dall'atteggiamento inaccettabile che una fetta troppo consistente di poliziotti americani aveva e ha nei confronti delle minoranze. E di cui l'episodio di George Floyd, morto nel 2020 per soffocamento provocato dal (per fortuna ormai ex) poliziotto Derek Chauvin, è solo la punta dell'iceberg.

Un segnale sconvolgente è che di certo il fatto che il 40% della popolazione carceraria statunitense è afroamericana. dati: Se una persona di colore e una persona bianca commettono un crimine, la persona di colore ha maggiori possibilità di essere arrestata, e una volta di fronte al giudice, i neri vengono condannati più spesso dei bianchi, con circa il 20% in più di probabilità di finire in carcere e con pene più lunghe del 19% rispetto a quelle per i bianchi condannati per crimini simili.

Senza parlare poi della drammatica disparità economica che vede larghissime fette della popolazione afro-americana ghettizzate e in assenza di sussidi di alcun tipo dal punto di vista sanitario, cosa che porta le donne di colore ad avere il triplo delle possibilità di morire per complicazioni legate al parto, ad esempio.

Tutti questi esempi sono reali, preoccupanti e inaccettabili. Ma le ripercussioni di questa mentalità sul Cinema sono contenuti per la natura stessa di quest'ultimo, che è un mondo a sé nel quale - ribadisco - quell'aura di "divismo" di cui sopra rende trascurabile il fattore etnico.



4) Non pensi che inserire il più possibile attorni neri nel cast sia un ottimo modo per scardinare il razzismo nei gangli della società?

NONE! L'approccio con cui un individuo si rapporta a film e serie tv non funziona così, nemmeno quando si è bambini. Quando ero piccolo il mio personaggio preferito dell'A-Team era esattamente P.E. Baracus, amavo moltissimo Arnold e Steve Urkel e me ne fottevo totalmente che fossero neri. Esattamente come non è un problema per un bambino nero avere come eroe il caucasico Thor invece che Black Panther, a meno che uno non